capacità di intendere e di volere e patologia autistica a confronto
Autore: CONTE dr Massimiliano
ISSN: 2785-0692
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Sommario:
L'autismo come patologia: una visione di insieme;
Interazioni Sociali;
Comunicazione;
Comportamenti;
Capacità di intendere e di volere: uno sguardo giuridico;
Conclusioni.
L'autismo come patologia: una visione di insieme
Quando parliamo di autismo, ci riferiamo ad una patologia che comprende diversi aspetti psicologici che si riflettono anche nel quotidiano. Ebbene, si parla pertanto sia di sintomi che di segni i quali una volta sommati, generano il disturbo dello spettro autistico.
Quando parliamo di segni ci riferiamo a quello che il terapeuta osserva oggettivamente e pertanto, visibili a tutti. I segni nell'autismo sono praticamente il fulcro che conduce alla diagnosi, poichè è una patologia la cui diagnosi è basata sull'aspetto comportamentale del paziente.
Quando invece parliamo di sintomi ci riferiamo a quello che il pazienta riporta, ovvero sperimenta soggettivamente e riporta al terapeuta di modo da aiutarlo nel raggiungere una diagnosi. In questo caso, il paziente potrebbe comunicare come non comunicare con il terapeuta in base alla gravità della patologia che lo affligge. Ed ecco quindi, che l'autismo è prettamente diagnosticato basandosi sull'osservazione comportamentale.
La patologia dello spettro autistico è relativamente giovane. La sua identificazione nel panorama delle psicopatologie risale a circa il 1940, quando gli scienziati Kanner e Asperger hanno individuato questo disturbo e lo hanno isolato dal contesto schizofrenico. L'autismo infatti, era spesso un sotto prodotto della schizofrenia oppure di altre psicopatologie con sintomi simili.
La causa non è tuttora nota ma la compromissione delle aree sociali, comunicative e comportamentali è tacita. Nonostante vi sia stata una travagliata nosografia, con il DSM-5 TR si è giunti ad un allineamento con altri sistemi nosografici, cosa che il DSM-5 non aveva fatto.
Entrando subito nel vivo della nostra trattazione, l'autismo presenta un insieme disomogeneo fra deficit in alcune aree e sviluppo (anche straordinario) in altre; si parla in quest'ultimo caso delle cosiddette isole di abilità. Quest'ultime altro non sono che particolari abilità cognitive eccezionalmente sviluppate e funzionali, alle volte al di là di quelle possedute da un soggetto neurotipico.
Quello che rileva ai fini della nostra trattazione, è la presenza di difficoltà attinenti la cosiddetta empatia (riferibile alla più generale teoria della mente), ossia quell'innata capacità dell'essere umano, di riflettersi nell'altro, sperimentando o comprendendo i sentimenti altrui. Il paziente quindi, ha una marcatissima difficoltà a comprendere gli stati mentali che gli altri sperimentano, trovandosi con il serio problema di attribuire un significato ai comportamenti altrui.
Ed è qui che sta il fulcro della nostra riflessione.
L'autismo prevede un grado di aggressività anche molto importante nei pazienti, soprattutto quelli etero-aggressivi. Questa classe di persone tende a sfogare la propria rabbia con comportamenti violenti rivolti sia agli oggetti che agli individui.
Oltre a questo, occorre subito definire un altro importante punto: le emozioni. I pazienti autistici sperimentano emozioni in modo uguale o maggiore rispetto i neurotipici ma a causa della patologia, elaborano in modo diverso le informazioni che provengono dall'ambiente esterno. Occorre quindi prestare attenzione a quali emozioni possono cagionare una vera e propria sfuriata aggressiva verso gli altri.
L'autismo tende a generare deficit in tre ambiti. Vediamo quali.
Interazioni sociali
Ai fini di non prolungare eccessivamente l'intera trattazione, daremo solamente delle pillole riassuntive su quelle che sono le principali compromissioni osservate nel paziente autistico.
Anzitutto, è un soggetto che tende a evitare il contatto visivo con gli altri soggetti, tratto evinto soprattutto nel bambino. L'addestramento educativo porta ad attenuare questo dato in moltissimi adulti. Ciò però, non vuol dire che non stia attento a cosa sta accadendo intorno a lui/lei. Il fatto di non stabilire contatti visivi risiede nella motivazione secondo cui non c'è niente da guardare. In questo senso, un soggetto neurotipico tende ad osservare l'altro per trarre inferenze comportamentali, informazioni inerenti il suo stato mentale o le sue intenzioni. Noi osserviamo l'altro per capire anche cosa ci sta dicendo (studi oramai assodati, dimostrano di come il cervello abbina sia le parole in modo ecoico che visivo, osservando il muoversi delle labbra) e più in generale, per una questione di educazione. Per il soggetto autistico, tale evenienza non ha semplicemente senso. Quindi non la esperisce. Tuttavia, non vuol dire che sia disattento.
Altra questione sono le relazioni interpersonali. Appaiono strane e non conformi ai normali canoni. Il motivo è presto detto: non comprende l'umorismo, non riesce ad inserire regole fisse nelle relazioni (che di contro, sono altamente variabili e mutevoli) ed infine può avere altri interessi che non sono condivisi dal resto delle persone intorno a lui. Abbiamo poi la questione dell'extrasensorialità. Nei bambini, la gestione delle emozioni è altamente complessa e con l'addestramento arrivano a padroneggiarle in un equilibrio che poi è molto stereotipato. Da adulti, possono ancora sperimentare scatti di ira in presenza di stimoli complessi, difficili da gestire.
Altro tratto che ci interessa è la difficoltà nel capire gli altri. Gli stati mentali sono veramente complessi da comprendere anche in soggetti neurotipici e quindi non stupisce che un paziente autistico abbia serie difficoltà a comprendere gli altri sotto un punto di vista mentale. L'empatia quindi è appare inesistente, non esiste un'immaginazione sviluppata e non riesce a comprendere la comunicazione non verbale che gli altri propongono. La capacità di relazionarsi quindi, prevede una serie di regole (comunicazione alternata fra due o più persone, capacità di ascolto, imitazione, umorismo, attenzione, dosaggio delle emozioni) che sfuggono completamente al paziente autistico. L'addestramento educativo lo accompagna certamente a migliorare in queste abilità ma non risolve completamente la propria incapacità di diventare empatico all'esigenza.
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Comunicazione
Altro punto nevralgico dello disturbo dello spettro autistico è la difficoltà comunicativa fra il paziente e gli altri individui. La difficoltà di comunicazione è alla base dell'aggressività del soggetto. Si possono verificare episodi di autolesionismo o di vere e proprie esplosioni di collera che si riversano su individui terzi o familiari che loro malgrado, sono vicini al paziente.
Subentrano problematiche di natura comunicativa per via della carenza di attenzione condivisa. Il paziente infrange le più elementari regole sociali inerenti la comunicazione ed alle volte, comunica in modo sconclusionato rispetto il discorso generale. Il paziente sperimenta difficoltà nell'organizzare e pianificare il proprio agire e le risposte a domande precise possono risultare bloccate nella risposta. Ciò è determinato dallo scarso interesse che ha l paziente verso l'altro e la scarsa attenzione posta all'interno del contesto socio - culturale in cui opera.
Come abbiamo già detto, il paziente non comprende l'ironia o l'umorismo. Il suo modo di pensare non contempla la sfaccettatura dell'astrattismo. Il soggetto è fortemente radicato sulla concretezza del pensiero, quindi non ha dimestichezza con espressioni umoristiche, ne le comprende.
Anche l'ecolalia potrebbe essere motivo di aggressività. Ripetere frasi e parole è un modo che ha di tranquillizzarsi. Molto spesso, soggetti terzi che non si rendono conto di avere dinanzi un paziente autistico, tendono a cercare di impedire tale comportamento e spesso, l'interruzione violenta dell'ecolalia, comporta una crisi etero - aggressiva.
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Comportamenti
Un paziente autistico tende a seguire dei rituali che spesso, consumano molte energie mentali e si dimostrano ripetitivi e rigidi. Tali comportamenti hanno lo scopo di gestire l'ansia e oltretutto, sono una fortissima attrattiva dal quale il paziente non riesce a sottrarsi.
Interrompere questo comportamento può condurre a ripercussioni sulle crisi etero - aggressive. Occorre quindi comprendere il perchè il comportamento è stato agito prima di bloccarlo. Occorre evitare anche di effettuare detto rituale al posto del paziente, anche su sua richiesta specifica.
Sussiste anche la questione della separazione da determinati oggetti. I pazienti autistici tendono ad avere un oggetto speciale (sopratutto i bambini autistici) e prova piacere sia nell'osservarlo che nel maneggiarlo. Spesso compaiono comportamenti quali l'annusare, mordere o leccare detto oggetto. Perdere di vista questo oggetto può condurre a comportamenti aggressivi in capo al paziente, dando origine a vere e proprie crisi.
Capacità di intendere e di volere: uno sguardo giuridico
Il nostro ordinamento prevede due articoli importanti che fanno capo alla capacità di intendere e di volere dell'imputato. Il Codice Penale italiano a parer di chi scrive questo articolo, è una delle migliori espressioni di giuridicità che l'Italia abbia prodotto. Rappresenta la storia del nostro Paese, quando ancora eravamo conosciuti come la res publica romana. Il compendio legislativo penale italiano ha avuto una storia di alti e bassi, toccando il suo più profondo abisso nel ventennio fascista con l'emanazione fra l'altro, delle cosiddette leggi fascistissime, in cui il diritto penale ha sanzionato una serie di comportamenti che di antigiuridicità nulla avevano. Tuttavia, da quell'esperienza abbiamo tratto il meglio. Abbiamo fatto un grandissimo passo in avanti (anche di pari passo con la scienza psicologica) nella trattazione di quelle persone che avevano (ed hanno) disturbi mentali importanti. Il Codice Penale infatti, distingue due fattispecie di incapacità di intendere e di volere: una totale ed una parziale. Prima di procedere oltre, dobbiamo dare una definizione. Con capacità di intendere ci riferiamo a quella peculiarità in capo al soggetto imputato, di dare un significato all'atto che compie sotto un profilo morale, sociale e normativo. La persona che compie un'azione deve quindi avere contezza di ciò che fa, rendendosi materialmente conto di ciò che sta compiendo. La capacità di volere invece è quel potere di mantenere a freno i propri impulsi in tutti i contesti in cui l'individuo si trova ad agire. Quindi è una capacità rapportata alla realtà ed al ventaglio di azioni che un individuo può realizzare, scegliendo quello più adatto alla fattispecie del momento e senza che questa cagioni alcun danno ai consociati.
L'articolo 88 del Codice Penale prevede e norma il vizio di mente totale. L'articolo in discorso prevede come si debba escludere l'imputabilità dell'agente nel momento stesso in cui ha commesso il fatto e quando si è trovato sostanzialmente vittima di una patologia che ne ha escluso completamente la capacità di intendere e di volere. In altri termini, ogni qual volta l'individuo agisca sulla spinta di una patologia tale per cui i suoi effetti compromettano irrimediabilmente la capacità di ragionamento e di governo degli impulsi, il soggetto non può essere imputabile. Ciò significa che andrà esente da pena. Vedremo fra poco cosa significa.
L'articolo 89 del Codice Penale invece, disciplina il vizio di mente parziale, ossia quella condizione tale per cui la patologia non è così pervasiva da impedire completamente all'imputato di autogovernarsi e comprendere il senso morale delle proprie azioni.
Con la promulgazione della Costituzione, è stato sancito nell'articolo 27 una funzione alla pena detentiva. Anzitutto, essa deve essere compresa dal soggetto agente e tale pena deve poi essere proporzionata al fatto che ha commesso. Immaginiamo di punire con l'ergastolo il furto di formaggio in un supermercato. La sanzione penale sarebbe esagerata rispetto al gesto e pertanto, la pena non sarebbe educativa ma percepita negativamente. Inoltre, la sanzione penale è un vero e proprio rimprovero che viene effettuato nei confronti dell'imputato colpevole. Ed anche in questo caso, occorra che detto rimprovero sia compreso dal soggetto agente. Vien da se che una persona che non sia capace di intendere e di volere nell'eccezione che abbiamo appena visto, non possa comprendere ne la natura del rimprovero ne la natura della pena che gli vengono comminate.
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Conclusioni
Appare quindi subito il problema della colpevolezza di un imputato affetto da disturbo dello spettro autistico. Assodato che è un segno di civiltà giuridica quello di non condannare l'imputato incapace di intendere e di volere al carcere (ma a scontare la propria pena presso altri istituti e con altre misure) la nostra questione appare complessa da giudicare. Condannare un imputato che ha commesso reati quali le lesioni (anche gravissime) o addirittura l'omicidio, appare complesso.
In linea di principio, la capacità di intendere nella pratica giudiziaria viene esclusa quando il professionista della salute individua contesti allucinativi o deliranti in maniera primaria mentre la esclude quando compare una psicopatologia così marcata, da risultare completamente pervasiva nei comportamenti. La capacità di volere invece, si vede esclusa quando la gestione degli impulsi del soggetto è completamente compromessa dalla patologia. Quest'ultima situazione presenta criticità in sede di perizia o consulenza forense, per la difficoltà oggettiva di misurazione.
Sembrerebbe quindi che l'autismo sia una di quelle patologie che rientrino nel novero dell'esclusione della capacità di intendere e di volere. A parer di chi scrive quindi, in linea generale (poichè come in tutte le cose, ogni evento delittuoso va analizzato in un suo unicum). L'incapacità di governare i propri impulsi è marcata nel paziente autistico. Abbiamo visto che ha difficoltà a comprendere gli stati d'animo altrui e compie ripetitivi movimenti la cui interruzione può sfociare in etero - aggressività. La malattia quindi, colpisce e pervade il soggetto ed elide il suo autodeterminarsi. Un reato commesso da questa tipologia di pazienti avrebbe forti risvolti positivi (nel senso di accoglimento) per quel che riguarda sia la diagnosi sia l'esclusione totale della capacità di intendere e di volere.
Come già detto tuttavia, stiamo parlando di un'ipotesi astratta ed ogni singolo caso merita la giusta indagine anamnestica e criminologica in capo al soggetto, prima di poter giungere a porre diagnosi con conseguente conclusione forense della questione.
BIBLIOGRAFIA
DSM-5 TR
Codice Penale Italiano
Costituzione Italiana
PONTIS M. Autismo Erickson, Trento, 2021
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